Omelia funebre per Don Alberto Trevisan
(21/08/1934 -- 05/01/2025)
"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me." Queste parole di Gesù risuonano oggi con particolare forza mentre salutiamo il nostro confratello don Alberto. Come Tommaso nel Vangelo, anche noi potremmo chiederci: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" Ma la vita di don Alberto ci offre una risposta concreta: ha trovato la via seguendo Gesù, mettendo i suoi passi sui passi del Maestro, preferendo coloro che Lui preferiva.
Il mistero della vita di un uomo è qualcosa che solo Dio conosce pienamente. Solo Lui, e forse quei pochi amici ai quali quest'uomo ha aperto le chiavi del suo cuore, possono comprendere la profondità, la bellezza e la grandezza che ogni persona porta dentro di sé. La vita di don Alberto ci testimonia che "il mistero di Dio non è lontano da te, è nella tua vita": nelle scelte quotidiane, nell'amore per i giovani, nella dedizione alla missione salesiana.
Negli anni di Pordenone spesso io ed alcuni giovani confratelli ci rivolgevamo a lui a lui indicandolo alla “Veneranda Canizie” … nello scherzo che accoglieva con spirito e con qualche battuta di ritorno polemica e battagliera ritrovo una vivacità che per me echeggia nel salmo 92 che abbiamo proclamato da poco: "Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi". don Alberto Trevisan fino all'ultimo ha mantenuto quella vivacità di spirito e quella passione per la missione salesiana che lo hanno sempre contraddistinto.
Dunque, non siamo qui solo per commemorare un confratello, per quanto importante e amato. Siamo qui per raccogliere una testimonianza viva che ci aiuti a continuare a costruire il Regno di Dio e a portare avanti con rinnovato vigore la missione di Don Bosco.
I FRUTTI DELLA SUA VITA
"Io sono la via, la verità e la vita", dice Gesù. Don Alberto ha incarnato questa triplice dimensione nel suo essere salesiano. Ha trovato la via seguendo Cristo con fedeltà creativa nel carisma di Don Bosco. Ha testimoniato la verità non con parole arroganti ma, come ci ricorda il Vangelo, con una verità "coraggiosa e amabile". Ha diffuso vita, quella vita che "si oppone alla pulsione di morte", attraverso il suo instancabile lavoro educativo.
Se pur nella sua riservatezza e in una certa austerità nelle relazioni, don Alberto ci ha lasciato intravedere la profondità della sua vita interiore attraverso i frutti del suo operato in una originale incarnazione del carisma di Don Bosco.
Un cammino iniziato a Mogliano, dove conobbe i salesiani da ragazzo, e che lo ha portato attraverso il noviziato ad Albarè, gli studi in Inghilterra, fino agli ultimi giorni a Castello di Godego. Come ricorda Emilio Dalla Lana, era un salesiano "tutto d'un pezzo", che sapeva unire l'autorevolezza alla cordialità, il rigore all'allegria salesiana.
Questa fedeltà si manifestava in ogni aspetto della sua vita: nella precisione meticolosa con cui preparava le prediche, nella dignità con cui celebrava l'Eucaristia, nell'attenzione ai dettagli che gli valse il soprannome affettuoso di "correttore di bozze". Ma soprattutto si manifestava nella capacità di essere presente in modo significativo in ogni stagione della sua vita, di adattarsi ai cambiamenti mantenendo sempre saldo il carisma salesiano.
La sua era una personalità ricca e sfaccettata: curioso e attento, non gli sfuggiva nulla, ma questa attenzione era sempre orientata al bene della comunità e alla missione. Era un uomo di cultura, amante della letteratura e dell'approfondimento biblico, sempre desideroso di aggiornarsi e informarsi. Se riconosceva di non avere elementi sufficienti su una questione, non esitava a studiare e approfondire.
LA COSTRUZIONE DEL REGNO
Nel mistero della sua vita consacrata, don Alberto ha saputo essere "Don Bosco oggi", incarnando il carisma salesiano con una creatività fedele che ha saputo rispondere alle sfide del suo tempo attraverso una molteplicità di servizi, sempre vissuti con totale dedizione.
La testimonianza di Mons. Tito Solari, arcivescovo emerito di Cochabamba - che lo definisce "amico dell'anima" - ci rivela la ricchezza del suo operato, particolarmente a Castello di Godego. Qui, in un ambiente vivace di oltre cento aspiranti, don Alberto, prima come Consigliere e poi come Direttore, ha saputo creare un ambiente educativo straordinario, dove lo studio serio si accompagnava a ricreazioni animate, dove il calcio dominava e il basket muoveva i primi passi. Sotto la sua guida, sono nate iniziative innovative come le vacanze con i campi del fieno, i bivacchi, i memorabili viaggi in bicicletta attraverso l'Europa, i gruppi giovanili nelle parrocchie e i campi di lavoro del Mato Grosso. Come ricorda Mons. Solari, "in tutte queste iniziative don Trevisan diventava il principale animatore e i giovani si lasciavano trascinare dal suo grande entusiasmo."
Come direttore in varie case - San Donà, Udine, Pordenone, Mestre San Marco, e altre ancora - ha saputo essere guida saggia e paterna. Un aspetto particolarmente toccante della sua personalità emerge dal ricordo di Mons. Solari: più volte gli fu proposto di assumere la responsabilità dell'ispettoria, ma nella sua umiltà non si sentiva all'altezza - un tratto che rivela la sua profonda umiltà e il suo realismo spirituale. Come vicario ispettoriale per dodici anni ha accompagnato la vita dell'ispettoria con saggezza e discernimento.
A San Donà, come testimoniano le cronache dell'oratorio, ha dimostrato una straordinaria capacità di innovazione: ha aperto la proposta educativa alle ragazze, ha introdotto sperimentazioni didattiche all'avanguardia, ha dato nuovo impulso al Centro giovanile. La sua mente vulcanica ha generato iniziative che sono diventate tradizione, come la PER e la Settimana dell'Oratorio. Ha saputo unire la tradizione salesiana del cortile con nuove proposte sportive, organizzando memorabili vacanze in bicicletta e introducendo il tennis.
La sua passione missionaria lo ha portato a essere tra i fondatori delle missioni salesiane in Romania, dove, come ricorda don Sandro Solari, ha investito energie, tempo e risorse, non esitando ad attraversare zone pericolose durante la guerra dei Balcani per portare avanti questo progetto. La testimonianza commovente dei salesiani di Romania ci rivela la profondità di questo impegno: il 24 ottobre 1996, festa di Maria Ausiliatrice, si aprì una pagina nuova per l'ispettoria. Don Alberto seppe "vedere" il sogno di Don Bosco in quella terra, movendosi instancabilmente alla ricerca di un "cortile" dove accogliere i tanti ragazzi che avevano bisogno di un padre. Di fronte agli orfanotrofi e ai giovani con gli occhi spenti per le strade, don Alberto fu "cuore e mente dei primi inizi", spingendo tutti a credere nella possibilità di una nuova presenza salesiana in Romania e Moldavia. Questa apertura missionaria testimonia la sua capacità di guardare oltre, di vedere i bisogni emergenti e di rispondervi con coraggio.
IL TESTIMONE DA RACCOGLIERE
Don Alberto ci lascia una eredità preziosa. Innanzitutto, l'esempio di un salesiano appassionato fino alla fine, che ha saputo vivere in pienezza ogni stagione della vita. La sua capacità di vedere oltre l'immediato, di riconoscere i bisogni dei giovani e di rispondervi con creatività - come ha fatto in Romania - ci sfida a essere altrettanto audaci nella missione.
Come ricorda don Sandro Solari, fin da giovane era un leader naturale che sapeva orientare i confratelli, sempre con un pensiero a Maria Ausiliatrice - quel saluto "M.A." che aveva coniato e che utilizzava per elevare un pensiero alla Madonna.
Ci insegna che la vita comunitaria è il luogo privilegiato dove si costruisce e si sostiene la vita religiosa. Come ricordano i confratelli, aveva un'attenzione forte al clima della comunità, convinto che vivendo bene insieme, godendo reciprocamente della compagnia gli uni degli altri, si costruisce meglio e con più gioia il Regno di Dio e si porta avanti con maggior efficacia la missione di Don Bosco per i giovani.
Un esempio particolare ci viene dalla sua esperienza accanto a Mons. Cognata, dove per quindici anni ha potuto osservare e vivere quella che lui stesso ha descritto come "la capacità di saper trasformare, con ottimismo cristiano, gli avvenimenti negativi della vita in occasioni propizie per compiere l'offerta di sé gradita al Padre." Una lezione che lui stesso ha messo in pratica, specialmente negli ultimi anni.
Don Igino Biffi ci offre un ricordo toccante che ci aiuta a comprendere la profonda umanità di don Alberto: "Avevo sempre l'idea di un don Alberto forte, imponente. Al funerale del fratello vidi tutta la sua sensibilità, la sua incapacità di dominare un dolore così grande, e lo scoprii innanzitutto uomo." Questa testimonianza ci ricorda che la santità salesiana non è assenza di fragilità, ma capacità di viverle con fede e speranza.
NELLA VECCHIAIA DARANNO ANCORA FRUTTI
"Nella vecchiaia daranno ancora frutti" - don Alberto ha incarnato questa promessa del salmo fino alla fine. Anche negli ultimi anni a Mons. Cognata, come ricorda don Igino, nonostante la fatica di "doversi arrendere alla caducità della vita", non ha mai perso l'interesse per la vita dell'ispettoria e della congregazione.
La sua vita ci ricorda le parole che lui stesso citava di Mons. Cognata: "Al di sopra di tutto c'è Dio, che fa andare a buon esito le cose anche più ingarbugliate". Questa era la sintesi della sua vita: Dio come ispirazione e gioia di tutto, sostegno nei giorni di difficoltà, consolazione anche nei giorni di pianto, certezza di un cielo di serenità e di premio.
Affidiamo don Alberto all'abbraccio misericordioso del Padre della vita e della speranza, chiedendogli di continuare ad accompagnare la nostra ispettoria, i confratelli, i collaboratori e i giovani che ogni giorno varcano la soglia delle nostre opere. E chiediamo a Maria Ausiliatrice, a cui era tanto devoto, di aiutarci a raccogliere il suo testimone per continuare con la stessa passione la missione di Don Bosco.
d. Lorenzo Teston