03/06/2023

don Giovanni Piovesan

Don Giovanni Piovesan
(10.01.1930 – 31.05.2023)

Tolmezzo, 3 giugno 2023
Sir 51,17-27 Sal 18  Lc 1,39-56


Ci sono delle persone che lasciano il segno nel cuore della gente non per le grandi opere che hanno compiuto, bensì per la semplicità con cui han vissuto. Così scrive il Siràcide: La mia anima si è allenata nella Sapienza. In queste persone la Sapienza è umiltà, prossimità, ascolto. L’anima di don Giovanni si è allenata nella Sapienza insita nelle piccole cose diventando in lui gentilezza, serenità, amabilità. La sua presenza semplice, umile, e allo stesso tempo vulnerabile e bisognosa, ha saputo raccogliere le attenzioni di tutti. Scrive ancora il Siràcide: Alla Sapienza ho rivolto la mia anima e l’ho trovata nella purezza. Credo che don Giovanni appartenesse alla schiera dei puri di cuore e che la sua purezza sia stata il grembo della vera Sapienza. E credo che abbia vissuto queste parole del Siràcide: Quand’ero ancora giovane ricercai assiduamente la sapienza nella mia preghiera. Don Giovanni stette davanti a Dio da giovane così come da anziano. Le ore passate davanti al tabernacolo, in attesa della comunità che doveva riunirsi per pregare, erano il luogo in cui era più facile trovarlo. Lì consumava il suo tempo indicando la parte migliore, quella che alla fine della vita resta e che si frequenta quando si è imparato a non essere attenti solo a sé stessi e alle proprie cose, ma a ciò che conta ovvero al rapporto personale con Dio. È davanti a Dio che la propria vita diventa un Magnificat.
Don Giovanni ha vissuto la Festa della Visitazione di Maria nel modo più bello, lasciandosi visitare da Dio Padre. Il Vangelo della Visitazione è un invito a partire verso l’altro lasciando a casa le proprie sicurezze. Così fece Maria. In Lei il desiderio di incontro con la cugina Elisabetta era grande e impreziosito dal fatto che le avrebbe portato Gesù. È bello ascoltare nel Vangelo di Luca che appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. La visita smuove dentro. L’essere visitati crea un sussulto interiore e irrobustisce il cuore. Don Giovanni fu un prete che sapeva visitare e che sapeva farsi incontrare. Coltivava con sincero affetto le amicizie provando e dimostrando il gusto del loro incontro. Sapeva suscitare il piacere di essere incontrato. I suoi incontri avvenivano nelle parrocchie, nel confessionale, presso il Centro Anziani di Villa Santina e dalle suore del Rosario di Villa Santina per le quali era come un papà. In ospedale veniva richiesto spesso per amministrare l’unzione degli infermi o la benedizione ai morenti. Lo chiamavano anche di notte e lui aveva sempre pronto l’occorrente. Quando l’anima si allena nella Sapienza, la vita si fa disponibilità.

Nella comunità salesiana il suo modo di incontrare era sempre discreto e amorevole. Puntuale ai momenti comunitari, sapeva stare con tutti e tutti dovevano ripetere le proprie battute perché, forse, fingeva di non capirle. Nelle uscite con i confratelli teneva allegri con le sue trovate. Ha vissuto questi anni tra la gente con tanta semplicità e senza mai perdere il piacere dell’incontro. Ripeteva spesso, specialmente negli ultimi anni, che tutti gli volevano bene. La ragione è semplice: era amato perché sapeva voler bene a tutti. A tutti ha saputo rendere presente l’amore del Signore Gesù. Nei vari incontri della comunità salesiana teneva tutti allegri con serenità, soprattutto per portare pace nei momenti movimentati. Sapeva sdrammatizzare, un’arte che dovremmo far propria e che aiuta a dare il giusto peso alle cose. La sua semplicità, il suo essere sbadato, dimesso, diventavano consapevolezza seria e grave quando gli si chiedeva una confessione. Lo si coglieva dal modo, dalle parole, dai gesti, dal tempo che si prendeva prima di iniziare, facendosi sempre attendere qualche minuto per rendersi consapevole di quello che stava per accadere. La visita di Maria ad Elisabetta è per noi archetipo di ogni incontro, è un invito a considerare sacra ogni occasione in cui può avvenire un incontro d’anime, ci ricorda che ogni incontro dovrebbe diventare un Magnificat.

Giovanni Piovesan nasce a Salgareda (TV) il 10 gennaio 1930 da papà Vincenzo e mamma Teresa Basei, in una famiglia composta da ben 7 fratelli e 4 sorelle. Dopo il ciclo delle elementari frequentate in paese, Giovanni è indirizzato al Seminario di Treviso (1941). Qui frequenta la Scuola Media, il Ginnasio e il Liceo. Stando alla presentazione del Rettore del Seminario, già negli anni del Liceo manifesta, seppur saltuariamente, interesse per la vita religiosa, in particolare per la figura di Don Bosco, allora molto conosciuta e divulgata in quegli ambienti formativi. I superiori, tuttavia, lo invitano a non soffermarvisi troppo, e lo convincono a procedere con gli studi. Giovanni inizia il corso di studi teologici e compie le prime tappe della formazione sacerdotale. Nel frattempo torna a ripresentarsi la chiamata alla vita religiosa. Si apre un dialogo più intenso tra il giovane suddiacono Giovanni, i Superiori del Seminario e i Salesiani, e alla fine di quell’estate riceve il Nulla Osta da Rettore del Seminario che così scrive all’Ispettore: Piovesan Giovanni ha chiesto insistentemente di farsi religioso dimostrandone il desiderio fin dagli anni del Liceo. I superiori del Seminario, dopo averlo in un primo tempo trattenuto, pensano oggi di lasciarlo libero giudicando che possa riuscire un buon religioso. Viene quindi indirizzato alla Casa di Pordenone per l’esperienza del prenoviziato e il 24 maggio del ’55 presenta la domanda per essere ammesso al Noviziato che Giovanni vivrà ad Albarè di Costermano (VR). Nella domanda per la prima professione religiosa scrive: Con animo trepidante per la mia fragilità, ma fiducioso in Dio e incoraggiato dalla parola dei miei superiori, desidero ardentemente consacrarmi a Dio. Dio della sua infinita bontà benedica questo desiderio. La domanda è accettata e il 16 agosto 1956 diventerà salesiano.

Dopo la formazione vissuta a Nave (1956-57) e il tirocinio a Trento (1957-58), andrà a Monteortone per la teologia. Nell’estate successiva è ammesso alla professione perpetua (16 agosto 1959) e in seguito sarà ordinato diacono a Udine (30 settembre 1959). Dopo pochi mesi, a Mogliano Veneto, il 7 dicembre 1959 è ordinato sacerdote. In seguito Don Giovanni viene mandato nella casa di Alberoni di Venezia con il compito di Consigliere scolastico (1959-69), poi economo all’Astori di Mogliano (1969-71) e a Gorizia (1971-73). Nel ’74 approderà al Patronato di Venezia-Castello: dapprima come viceparroco (1974-76) e in seguito come parroco a San Francesco di Paola (1976-87). Sarà poi a Chioggia, Gorizia (1988-98) e quindi ancora a Venezia-Castello come parroco (1996-2005). Infine nel 2005 don Giovanni viene destinato alla casa di Tolmezzo (2005-2023). Qui vivrà l’ultima parte della sua vita e del suo ministero sacerdotale e della sua vita salesiana. 

In queste terre carniche si fa apprezzare per la sua presenza in cortile nella casa salesiana e per la disponibilità per il ministero nelle parrocchie della Carnia. Don Giovanni ha avuto il dono di una mitezza inconfondibile, che lo ha predisposto ad essere pastore buono, naturalmente adatto a prendersi cura di una parrocchia e della sua gente. Ha sempre avuto la passione per la parrocchia. Quando lasciò Venezia, il Vicario Generale della diocesi scrisse: a don Giovani Piovesan va la nostra riconoscenza per l’attenta e la solerte cura pastorale prestata per 14 anni come parroco. In Carnia servì varie comunità, in particolare Villa e Chiaicis di Verzegnis, dove era apprezzato perché passava per la benedizione delle case entrando in contatto con le persone e condividendo i loro problemi. Don Giovanni si sentiva partecipe anche di questa parrocchia di Tolmezzo. Da questa realtà è stato spesso invitato ad accompagnare pellegrinaggi. Si prestava volentieri come accompagnatore spirituale nei viaggi a Lourdes, Fatima, San Giovanni Rotondo. Ha saputo vedere il bene, ha saputo rallegrarsi, ha saputo gustare i momenti di festa e di compagnia, con un carattere e uno spirito che somigliano a quelli di Don Bosco. Come confessore era apprezzato. Era sempre a disposizione anche nei tempi più recenti di fatica e dolore. Si prestava volentieri per le confessioni soprattutto in Duomo al lunedì, giorno di mercato, quando affluivano persone anche dai paesi vicini dove non era così facile trovare il confessore. Nella casa salesiana confessava i ragazzi nei ritiri e nei vari momenti celebrativi dell’anno.

Caro don Giovanni, quanto eri felice in questi ultimi anni quando ti veniva proposto di tornare a celebrare una messa a Verzegnis, di rivedere le persone che ti volevano bene. Ringiovanivi di 10 anni in un colpo e la tua predica, sempre uguale, ma sempre pronunciata come fosse nuova, piena di passione e di entusiasmo, era sempre una consegna di quelle cose che avevano appassionato la tua vita, di quei pensieri che avevano nutrito il tuo sacerdozio e la tua vita spirituale. I ragazzi della cresima un po’ si lamentavano della sua predica sempre uguale. In risposta c’era chi diceva che la sua non era una predica, ma un testamento spirituale. Don Giovanni ripeteva sempre due cose. Una frase del Catechismo di San Pio X: Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo poi per l'eternità in paradiso, e un’altra frase tratta dal Vangelo di Giovanni: quando verrò innalzato attirerò tutti a me. Aveva lo sguardo sereno di un bambino, e dormiva come un bambino. Era una di quelle rare persone in pace con sé stesse e con l'universo intero perché consce di aver fatto del proprio meglio fino in fondo. 

Seppur a novantatré anni fosse normale che due ore dopo non sapesse cosa gli era capitato due ore prima, non aveva dimenticato nemmeno un nome delle persone che ha avvicinato durante la sua missione. Aveva presenti specialmente quelli di Verzegnis. E continuamente aveva la parola Grazie sulle labbra. Lo ricordiamo presente anche qui in Duomo, ogni volta che poteva, perfino nei giorni in cui percepiva le forze venire meno. E anche quando iniziava a comparire un senso di spaesamento era pronto a dirigersi deciso verso il Vangelo per cantarlo o al confessionale per distribuire la misericordia del Signore.

Ti loderò e ti canterò, e benedirò il nome del Signore, scrive l’autore del Siràcide. Magnificat, canta Maria. Don Giovanni con la sua vita ha lodato, cantato e benedetto il Signore ovvero ha riconosciuto il primato di Dio nella sua vita. Per questo poteva ripetere ogni sera: Vado a dormire felice e contento e sono in pace con tutti. Solo un uomo retto, con l’anima allenata nella Sapienza e impregnata di purezza, può dire questo. Don Giovanni, siamo sicuri: sei lassù. Guarda a noi, a questa miseria e facci dono di una nuova vita religiosa e consacrata. Facci dono di uomini e donne appassionati di Dio. Fai conoscere ai giovani le strade per allenare la loro anima affinché gustino il desiderio dell’incontro con Dio.

A cura di don Igino Biffi