Lettera dell’Ispettore n.66
24 Febbraio 2024
Mestre SDBM
LA DECISIONE TAGLIA COME UNA LAMA AFFILATA
Carissimi confratelli, siamo oramai entrati nella quaresima, un tempo spirituale prezioso in cui deciderci ancora una volta per Dio. È un cammino che richiede la capacità di prendere delle decisioni per vivere con più radicalità la sequela di Cristo. La conversione richiede il coraggio di operare dei tagli netti. Vi condivido una lettera di un giovane alle soglie dell’età adulta. La sua indecisione molte volte è anche la nostra, e forse in lui rivediamo noi.
“Quando ho detto a mia madre che volevo scriverti una lettera mi ha raccomandato di chiamarti padre. Penso che sia una reminiscenza di quei tempi nei quali ha frequentato i frati di cui ora non vuole sentir nemmeno parlare. Deve essere successa qualche storia strana, imprevista e un po’ dolorosa, presumo. Tu non mi conosci, ma poco importa. Sono un giovane come tanti, uno di quelli che sta sulla soglia della vita aspettando che passi un treno su cui salire. Sono uno di quelli che conoscono gli orari a memoria. E così so quando i treni passano, ma ogni volta non li prendo attendendo quello giusto. Temporeggio, aspetto, per avere delle certezze e delle sicurezze. E intanto il tempo passa inesorabile. E perdo tempo.
Sai, ti invidio un po’ per il fatto che tu hai deciso nella tua vita. Questo non significa che vorrei fare o essere -come dite voi- quello che fai o sei tu. Infatti allo stesso modo invidio un mio amico che ha deciso di sposarsi, anche se forse lo fa solo perché la sua ragazza è incinta. Anche mio padre ha deciso. Sì, ha deciso di andarsene da casa. Nella mia breve vita ho capito che ci sono decisioni importanti, decisioni subite ed altre accolte, alcune dolorose altre attese, decisioni impreviste. Comunque sia, ho capito che non si può non decidere qualcosa. Eppure io, ad ogni treno che passa carico di futuro, rimando. E così decido anch’io: decido di non decidere.
Invece, quel Dio che cerco affannosamente ma con scarsi risultati, lo sento in questo momento estremamente deciso nei miei confronti. Allo stesso tempo lo colgo paralizzato. Ho come l’impressione di avere io il coltello dalla parte del manico, è come se la maniglia della porta che mi spalanca l’Infinito sia solo dalla mia parte. Sento Dio risoluto ad entrare nella vita di un indeciso cronico, ma allo stesso tempo sta all’ingresso e non sfonda la porta. Che sia una questione di libertà? A volte ho come l’impressione che sto impedendo al sole di sorgere.
Ci sono delle parole che ho letto su una bacheca in uno dei miei rari passaggi in oratorio che mi hanno colpito e smosso dentro. Ho letto che siamo fatti per l’infinito e che il segreto della vita non sta nel possedersi ma nell’essere stretti da un abbraccio eterno. Se devo essere sincero, sono cose che penso anch’io ogni volta che vedo un cielo stellato: in quei momenti non solo vorrei toccare il cielo con un dito ma vorrei essere cielo, stella. Ho avuto lo stesso fremito anche la prima volta che una ragazza mi ha abbracciato forte: avrei voluto gridare al tempo di fermarsi per rendere eterno quel momento. Non so come dirtelo ma questa voglia di infinito mi scorre nelle vene e mi fa temere allo stesso tempo perché non riesco a contenerla e a decifrarla con la mia ragione che, invece, tutto vuole capire e motivare. Devo decidermi per l’infinito e forse devo farlo a occhi chiusi. Intuisco che la totalità c’entra con me. D’altra parte che senso avrebbe abbracciarsi con un braccio solo o baciarsi stando ad un centimetro di distanza dalla persona amata o guardarsi negli occhi con gli occhiali da sole?! Sì, la totalità e la radicalità mi appartengono ma mi fanno anche spavento perché dare un abbraccio è fare una promessa, dare un bacio è decidere d’appartenere e guardarsi negli occhi significa donare la verità di sé. Solo l’attrazione per la bellezza può salvarmi da una vita fatta di indecisioni.
Mi han detto che la tua vita dovrebbe essere la fotocopia del tuo santo fondatore. Mi sono incuriosito di don Bosco per la prima volta quando trovai in soffitta un quadretto portato da mio nonno negli anni ’50 da Torino. Chiesi a mia nonna chi fosse quel santo. Mi disse che era uno che accendeva i desideri dei giovani. La sua, evidentemente, era una frase costruita a tavolino per cercare di farmi piacere i santi. Non gliel’ho mai detto ma ci riuscì con quelle parole a farmi piacere almeno don Bosco. E per un po’ di tempo ho fatto di quell’espressione -accendere i desideri dei giovani- il mio motto di animatore in fasce. Poi lasciai l’animazione, e quindi anche quella frase, ma non la certezza che i desideri, quelli che hanno il gusto dell’eternità, sono come una grande scala che ti permette di toccare la luna senza però poterla abitare. Per abitarla ci vuole la decisione. Facile a dirsi ma la decisione taglia come una lama affilata. Taglia tra il prima e il dopo, tra questo e quello, tra ciò che scegli e ciò che non scegli. La decisione è prendere e lasciare. Ce la farò?”.
L’indecisione di questo giovane non è così distante da quelle situazioni tiepide in cui siamo spesso immersi anche noi. È inutile che ce lo nascondiamo: a volte dobbiamo decidere di amare. Accadde a Gesù nel Getsemani in una preghiera che è decisione di totale abbandono e resa alla volontà del Padre: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36). È la decisione, costi quel che costi, di appartenere a Dio. Qui la decisione si fa consegna incondizionata. L’etimologia, dal latino decīdĕre formato da de- e da caedĕre cioè tagliare, ci fa comprendere che ogni decisione è un “tagliar via” qualcosa. Nella potatura vi è un momento in cui la vite piange, ma solo con la potatura la vite porta frutto. Decidere è recidere. La conversione richiede delle decisioni, dei tagli. Se non costa non è vera. La paura di decidere è la paura di rinunciare, di rischiare. Servono decisioni coraggiose, determinate, perseveranti, frutto di un’intelligenza radicata in un cuore disposto a patire fino al punto da abitare anche le notti inzuppate dal silenzio di Dio.1 Decidere è la condizione per vivere l’antico adagio medioevale Serva ordinem et ordo servabit te (conserva l’ordine e l’ordine ti custodirà)2, a patto che le stesse decisioni siano ordinate e non disordinate.
Un’ultima cosa. In questo periodo qualche confratello mi ha confidato il suo amore per la vita salesiana. Uno mi ha detto: Ogni mattina ringrazio di essere salesiano. E un altro: Voglio combattere con tutte le mie forze la tiepidezza. Non potrei pensarmi più felice di così e combatto perché la tiepidezza non mi rubi la felicità. A onor del vero, qualcuno mi ha anche condiviso le sue fatiche dicendomi: Il rischio nella nostra vita comunitaria è di creare una comunione di solitudini. In tutti i casi, colgo che ciò che fa la differenza è la capacità di essere determinati nella vita spirituale, è il coraggio di prendere delle decisioni per vivere più radicalmente e con gioia la sequela di Cristo. La quaresima sia il tempo in cui non rimandare più quelle decisioni che permettono a Dio di convertirci a Lui, ben sapendo che la decisione taglia come una lama affilata.
don Igino Biffi
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1 Cf. Massimo Recalcati, La notte del Getsemani, Einaudi 2019, p.63-68.
2 Espressione da molti attribuita a sant’Agostino.