Lettera dell’Ispettore n.67
24 Marzo 2024
Trieste
L’UTILITÀ DELL’INUTILE
Carissimi confratelli,
stiamo entrando nei giorni più preziosi di tutto l’anno liturgico. La Settimana Santa è un dono, è l’occasione per scendere in profondità e dar ossigeno alla nostra interiorità, è il momento in cui contemplare cosa è capace di donare un cuore senza perimetro. Eppure di mezzo c’è il tradimento, la passione, la croce, passaggi che entrano in risonanza con le nostre vite e che facilmente il mondo classifica come inutili.
Credo che dobbiamo recuperare l’utilità dell’inutile ovvero di ciò che non restituisce un tornaconto immediato. Alcuni autori lo dicono, ad esempio, in riferimento agli studi umanistici e artistici i quali vengono ridimensionati [...] praticamente in ogni paese del mondo. Visti dai politici come fronzoli superflui in un’epoca in cui le nazioni devono tagliare tutto ciò che pare non serva a restare competitivi sul mercato globale, essi stanno rapidamente sparendo dai programmi di studio, così come dalle teste e dai cuori di genitori ed allievi.1 La tentazione è quella di fare dell’utilitarismo e del profitto il criterio per giudicare ciò che è utile e ciò che è inutile dimenticando che è utile tutto ciò che ci aiuta a diventare migliori, ciò che fa crescere in umanità l’umanità, ciò che ci fa diventare amanti e amati, tutto ciò che educa al vero, al buono e al bello2. Se i fiori venissero eliminati, il mondo non ne soffrirebbe; chi vorrebbe tuttavia che non ci fossero più fiori? Rinuncerei più volentieri alle patate che alle rose, e credo che soltanto un utilitarista potrebbe essere capace di distruggere un’aiuola di tulipani per piantarvi dei cavoli.3
La tentazione dell’utilitarismo tocca anche noi, la nostra vita spirituale, la nostra pastorale, la nostra capacità di sognare e di osare nuovi orizzonti. Anche in questi ambiti il benessere rischia di elevarsi a unità di misura dribblando elegantemente la logica della Scientia Crucis. Scienza inutilis? Senza accorgerci cerchiamo di debellare la fatica e di anestetizzare i momenti di sofferenza perché d’altri tempi dimenticando che la vita nasce da un travaglio. Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne4, scrisse Mounier, testimoniandoci che la verità ha bisogno di macerare nella sofferenza, nel tormento. Un’altra sua lettera così riporta: Non si è veramente grandi fino a quando la vita non ci mette alla prova rifiutandoci nettamente, senza appello, qualcosa a cui si aspira con tutto il proprio essere.5 È proprio inutile questa messa alla prova a cui talvolta riserva la vita? È proprio inutile il dolore? Va proprio debellata la sofferenza mettendola vanamente in vendita alla fiera delle chincaglierie inutili? Uno sguardo diverso ci aiuterebbe a cogliere il senso dell’utilità delle inutili croci e a scoprirvi una bellezza nascosta, la stessa drammatica bellezza che vediamo sul volto di Cristo Crocifisso.
Il suo volto è arato da ferite inutili, a dire di un mondo preoccupato di cancellare ogni minimo graffio pur di non fare emergere la fragilità dell’uomo. L’utilità dell’inutile emerge anche in questo contesto e ci interpella. Cosa faccio io con le mie ferite? Cosa fai tu con le tue ferite? [...] Le nostre ferite possono diventare fonti di speranza quando, anziché piangerci addosso o nasconderle, asciughiamo le lacrime altrui. [...] Cosa faccio: lecco le mie ferite così, tutta la vita? O guardo le ferite altrui e vado con l’esperienza ferita della mia vita, a guarire, ad aiutare gli altri? 6È utile ciò che ci muove a compassione, ciò che ci aiuta a metterci nei panni altrui, ciò che allarga il cuore, ciò che ci fa alzare e partire con un biglietto di sola andata per le trincee del mondo. Abbracciare la bellezza ferita costa un brivido perché interpella la nostra capacità di scorgervi un senso. Il brivido è quell’attimo della vita ti che trapassa da cima a fondo facendoti cogliere che l’angoscia è il costo del tutto. È evidente: vi è un’utilità nell’inutile ferita. Vi è una occasione: fare delle proprie ferite dei fori di luce.7
Qualche settimana fa ho osservato il nostro don Claudio, incaricato dell’oratorio di Chioggia, mentre faceva saltare con la corda un gruppo di bambini. Gran parte del sabato pomeriggio è trascorso così. Dinanzi agli occhi di un mondo utilitarista avrebbe certamente potuto utilizzare il tempo per ottenere, anche dalla pastorale, un maggior profitto. In quell’inutilità vi ho visto, invece, un gesto sacro intriso innanzitutto di presenza, di fedeltà, di semplicità, di gratuità. Ha raccontato Papa Francesco: “Quando un prete è incapace di giocare con i bambini, ha perso”. È interessante: è un test. C’è bisogno di sacerdoti pienamente umani, che giochino con i bambini e che accarezzino i vecchi, capaci di buone relazioni, maturi nell’affrontare le sfide del ministero, perché la consolazione del Vangelo giunga al popolo di Dio attraverso la loro umanità trasformata dallo Spirito di Gesù.8 La formazione umana passa attraverso l’utilità dell’inutile, attraverso tanti piccoli gesti che agli occhi del mondo sono una perdita di tempo. Non ne abbiano a male coloro che passano il tempo a far tornare i conti: quello è un tempo altrettanto prezioso, tante volte sacrificato e poche volte poetico, ma qui mi sto soffermando sull’utilità dell’inutile e non sull’utilità dell’“utile”.
Cambio scenario. Ricordo, con tenerezza e un po’ di nostalgia, che uno dei tanti lavori che facevo a casa, appena ebbi la capacità di tenere in mano un martello, consisteva nel raddrizzare i chiodi. Un colpetto dopo l’altro dovevo resuscitarli, dato che nulla doveva andare perduto. Una volta mio padre mi portò un secchio pieno di chiodi storti. Quando compresi che avevano bisogno di essere salvati uno per uno da una morte certa, gli dissi che quel lavoro mi sembrava inutile dato che si potevano comprare nuovi. Mi bastò il suo sguardo per pentirmi di quello che avevo appena detto. Solo più tardi compresi che nella vita bisogna fare un po’ di gavetta. Prima di essere assoldato tra coloro che i chiodi li piantano, dovevo imparare a salvarli. Vi era un’utilità in quell’azione che mi sembrava inutile o, per lo meno, non conveniente. In quell’inutilità credo di aver imparato che le storie, con tanta pazienza, si possono raddrizzare.
Un’ultima cosa. La poesia raramente è competitiva sul mercato globale eppure, scavando pozzi, può salvare una vita. Vi lascio questa, rubata, e ora deposta ai piedi di una croce, quella di Cristo. La dimora dell’amore / è colma di sangue. / È il cuore, attracco / di amori sanguinanti, / porto di spine e rose. / Tal è il sangue: / scorre e scortica, / sgorga e scompiglia / tempo e aneliti. / E poi torna, / alla sicura dimora / ove geme e palpita. / E il cuore vive / amori di sangue. È un esempio dell’utilità dell’inutile.
don Igino Biffi
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1 Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino 2011, p.22.
2 Cf. Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile, Bompiani 2013, p.15-38.
3 Théophile Gautier in Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile, Bompiani 2013, p.88.
4 Emmanuel Mounier, Lettere sul dolore. Uno sguardo sul mistero della sofferenza, Rizzoli 1995, p.40.
5 Ibidem, p.46.
6 Papa Francesco, Catechesi. “Il Crocifisso, sorgente di speranza”, 5 aprile 2023.
7 Ibidem.
8 Papa Francesco, Convegno internazionale sulla formazione permanente dei sacerdoti, 8 febbraio 2024.