OMELIA
sig. Albino Bordignon
(01.03.1932 – 24.04.2024)
Mestre, 27 aprile 2024
Col 3,14-15.17.23-24 Sal 89 Gv 14,7-14
Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete come ricompensa l’eredità (Col 3,23-24). Così scrive San Paolo rivolgendosi ai Colossési nella prima lettura, testo che appartiene alla memoria di san Giuseppe lavoratore. Troviamo in queste parole lo stile con cui lavorare, con cui spenderci generosamente. Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo (Col 3,23 – CEI2008) ovvero fatela di cuore (Col 3,23 – CEI74). È questo il segreto per vivere con serenità e generosità il proprio lavoro. La stessa espressione la usò don Bosco nella prima Introduzione alla Costituzioni Salesiane. Così scrisse ai salesiani: La vera ubbidienza, che ci rende cari a Dio ed ai Superiori, consiste nel fare con buon animo qualunque cosa ci sia comandata dalle nostre Costituzioni o dai nostri Superiori medesimi. È un dono poter far tutto di buon animo, di cuore ma è anche un segno che svela una vita vissuta in Dio perché è Lui la sorgente di ogni pace.
Albino ha vissuto e lavorato così: di buon animo. È stato un vero lavoratore, un uomo che
agiva di cuore. Con la sua semplicità, disponibilità e laboriosità era ben voluto dai ragazzi e si può dire che, con il lavoro e la temperanza, ha fatto fiorire la Congregazione. A lui si addice bene l’articolo 78 delle nostre Costituzioni: Il lavoro assiduo e sacrificato è una caratteristica lasciataci da Don Bosco ed è espressione concreta della nostra povertà. Nell’operosità di ogni giorno ci associamo ai poveri che vivono della propria fatica e testimoniamo il valore umano e cristiano del lavoro (Cost.78). Allo stesso tempo è stato un uomo capace di grande elasticità: si adattava in base alle situazioni. Da insegnante di falegnameria è passato ad essere insegnante di fotografia in grafica, è stato maestro di banda a San Giorgio, attore impareggiabile e anche accompagnatore delle squadre di calcio che andavano a giocare fuori casa. Possiamo così abbinare ad Albino un altro articolo delle nostre Costituzioni (19) dal titolo Creatività e flessibilità: Il salesiano è chiamato ad avere il senso del concreto ed è attento ai segni dei tempi, convinto che il Signore si manifesta anche attraverso le urgenze del momento e dei luoghi.
Nel Vangelo di Giovanni abbiamo ascoltato la domanda che Filippo ha posto a Gesù:
«Signore, mostraci il Padre e ci basta». È un interrogativo che scaturisce dal desiderio di senso che ci abita, dalla voglia di scoprire cosa davvero ci basta. La risposta di Gesù è chiara e lascia intendere che incontrare Lui è già incontrare il Padre, è già trovare ciò che basta e che sazia la sete dell’anima. A tal proposito Albino ci teneva a custodire il rapporto con il Signore, con Colui che ci basta. In chiesa sempre presente e puntuale. Era la regolarità in persona. Per quanto anticipassi la mia presenza alla meditazione -racconta un suo direttore d’un tempo- mi trovavo sempre preceduto. I giudizi che ricevette nel suo cammino formativo confermano la sua fedeltà nella vita spirituale: Ottimo figliolo di soda pietà. Di buono spirito, di buona volontà e di pietà sentita, promette bene (cf. Ammissione al noviziato e ai voti triennali). Racconta un confratello: Il “Bordi”, così lo si chiamava, visse la missione salesiana con intelligenza, generosità, e operosità instancabile, con la
preoccupazione di mettere in primo posto “i tempi del Signore” e di vivere la Comunità con una serenità che sapeva comunicare con arguzia e semplicità. E un altro narra: La sua vita di religioso era vissuta con la grande semplicità e la trasparenza del bambino evangelico: fedeltà assoluta al rapporto con il Signore nella preghiera comunitaria, [...] fedeltà ai voti, amore e devozione a don Bosco e alla Mamma celeste.
Filippo chiese: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». È una richiesta molto salesiana. I giovani non usano queste parole, ma in fondo la richiesta è la medesima. Adoperano altri modi per chiederci di mostrar loro ciò che basta, ciò che da senso alla vita. Il mondo salesiano ha questo compito: mostrare ai giovani ciò che basta, ciò che sfama il cuore. Giovanni Paolo II interpretò bene il desiderio del cuore dei giovani nella GMG del 2000: è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae. Albino cercò di dare delle risposte alle domande dei giovani con estrema semplicità, con la sua bontà, donando al Signore la sua vita sull’esempio di don Bosco. Ha saputo fondere per i giovani competenza tecnica e servizio educativo. Con loro ha maturato rapporti belli di educazione alla responsabilità e fiducia in Dio. «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Facciamo nostra questa richiesta, questa invocazione. Trasformiamola in preghiera e chiediamo di poter essere strumenti capaci di rivelare il suo Amore, di essere risposte credibili alle domande che i giovani oggi pongono.
Albino nasce a Palmanova (UD) il 1 marzo 1932 da papà Matteo e mamma Rosa Bernardi,
originari di Rosà (VI). Dal Veneto si trasferirono a Palmanova in cerca di fortuna. Fu l’ultimo di una nidiata di 10 figli: 7 maschi, tra i quali due sacerdoti, e tre femmine, di cui due religiose. Frequenta la scuola elementare in paese (1937-41) e fa la sua parte per collaborare alla magra economia familiare che si basava sui lavori agricoli nell’appezzamento di terra che il padre era riuscito pian piano a possedere e ad allargare. Degli anni giovanili e del tempo della guerra, Albino lascia più tardi alcuni ricordi la cui stesura presenta i caratteri di un valente narratore, dotato di grande humor, allenato da tante esperienze vissute sul palcoscenico. Sulle orme dei suoi fratelli e sorelle, manifesta fin da giovane un’attrazione verso la vita consacrata e per questo motivo viene indirizzato nel 1946 a Venezia dai salesiani, allievo del corso di avviamento per falegnameria ed ebanisteria, presso l’Istituto Coletti. Qui manifesta spiccate doti di attore filodrammatico e, nell’incontro con don Bosco, scopre e accoglie la sua vocazione. Nella domanda (24 maggio 1949) per la prima professione scrive: è mio fermo proposito di consacrarmi tutto al Signore per tutta la vita nella famiglia di don Bosco.
I superiori destinano Albino alla casa di formazione del Rebaudengo a Torino. Qui rimane per due anni per lo studio di discipline tecniche. Al rientro, è destinato alla Casa di Udine (1952-56) dove per quattro anni insegna nel corso di falegnameria. Lo stesso farà successivamente al Centro “Arti e Mestieri” della Fondazione Cini di Venezia. Nel frattempo lo sviluppo e l’evoluzione tecnica, fanno propendere per la chiusura del settore di falegnameria e per lo sviluppo dalla grafica. Albino è così inviato al Colle Don Bosco per addentrarsi in questo campo. Rientra dopo un anno all’Isola di San Giorgio e da allora, 1964, rimarrà definitivamente come insegnante e formatore di fotografia nel settore grafico prima a Venezia e poi in terraferma a Mestre (1990). Qui continua ad insegnare fino al 2002, prima di ritirarsi e cedere il passo ai più giovani.
Tra le caratteristiche che hanno accompagnato tutta la vita del sig. Albino, finché le forze glielo hanno permesso, vi è quella del lavoro assiduo nella formazione professionale ma anche in vari altri settori, dalla manutenzione della casa alla disponibilità alle richieste dei confratelli e del personale, alla cura del verde. Leggendaria rimane la lunga serie di fatti e fatterelli che lo hanno visto coinvolto direttamente, come lo sfalcio del verde spesso nei classici momenti sbagliati: la domenica mattina, il primo pomeriggio, sotto le finestre dove si svolgevano gli incontri, le lezioni o gli esami.
Di Albino rimane la testimonianza di una vita religiosa totalmente innestata nel Signore Gesù e nella missione salesiana. Ha vissuto la sua vocazione come servizio alla volontà di Dio in modo totalizzante vivendo con fedeltà la preghiera. Da Cristo ha tratto la forza per la sua costante presenza in mezzo ai giovani con le mille iniziative suggerite dalla sua fantasia e disponibilità. Sempre in mezzo ai ragazzi, era il punto di riferimento in cortile con i tornei e le olimpiadi, in sala giochi e nelle serate allegre. Con due baffetti disegnati si trasformava e sul palco del teatro diventava un vero attore. A San Giorgio, per la serata natalizia con i convittori, era diventata tradizionale la sua storia-filastrocca fatta con tutti i cognomi. Ha accompagnato i giovani nelle tante fatiche della scuola e dei laboratori con pazienza e vicinanza portandoli ad essere persone degne di fiducia e mantenendo con loro rapporti di amicizia anche come ex allievi. Degne di memoria sono le tante partecipazioni all’organizzazione della “Su e zo per i ponti” che proponeva come esperienza di festa e di servizio. Tanta generosità lo portò anche in Missione, prima in Madagascar e poi a Gatcina in Russia. In comunità era di compagnia, coinvolgeva e creava famiglia e mostrava gratitudine. Aveva battute di spirito improvvise ed acutamente ironiche che facevano sorridere chi riusciva ad intuirle; sapeva giocare anche sulla sua consolidata sordità che amava talora quasi sfoggiare, magari anche per essere lasciato in pace. Aveva una acuta intelligenza che amava velare sotto un fare spiritosamente ingenuo, ma sempre molto simpatico.
Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, scrive san Paolo. Questo è il cuore della vita cristiana e, tanto più, della vita consacrata: tutto avvenga nel nome del Signore Gesù. Ringraziare per il dono di un confratello è per ogni salesiano una occasione per esaminare la propria vita e rinnovare il desiderio che tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, che la nostra stessa vita si compia nel nome del Signore Gesù. Con altre parole Albino lo chiese nella sua domanda per la professione perpetua: Sebbene indegno e immeritevole di tanta grazia, oso chiedere di essere ammesso alla professione perpetua perché so che solo questa via mi è stata indicata dalla Madonna e solo questa potrà santificarmi per essere felice nell’altra vita.
Nel Vangelo il Signore dice: qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Signore, vogliamo prenderti in Parola e osare chiedere che altri giovani possano spendere la loro vita nella Congregazione Salesiana. A te che hai detto qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, nel tuo nome chiediamo il dono di sante vocazioni che, come Albino, vivano la vita salesiana con laboriosità e semplicità, di buon animo. A cura di don Igino Biffi