Carissimi confratelli, nel film L’attimo fuggente, il professor John Keating, rivolgendosi agli studenti, disse: Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Il cammino quaresimale che stiamo compiendo ci dona questa possibilità. È una cattedra su cui salire per scoprire come Cristo abita tutti gli aspetti della nostra vita. È un monte da scalare. È il tempo in cui dare al silenzio diritto di parola. Il silenzio è come l’acqua del mare: se ti tuffi ti porta a galla restituendoti a te stesso. Il silenzio è una cattedra: se ci sali sopra, scopri angolazioni diverse della tua e altrui interiorità, cogli che c’è un grido nel mondo che chiama proprio te. Nel silenzio gli occhi di chi ami parlano. Tra questi gli occhi di Dio. Dio parla per mezzo del silenzio.1 È un luogo teologico così come lo sono i giovani.
In vista degli Esercizi Spirituali, il vicario, don Paolo, ha invitato tutti i confratelli a custodire il silenzio. Tale indicazione è frutto di un discernimento fatto sia dalla Commissione Ispettoriale di Formazione che dal Consiglio Ispettoriale, i quali si sono orientati per proporre una linea più esigente per quanto riguarda la cura e la custodia del silenzio durante questa esperienza. Mi ha stupito che questo invito sia stato considerato “strano” da qualche confratello. Più d’uno mi ha detto che il silenzio proposto agli Esercizi Spirituali non appartiene alla nostra tradizione salesiana. Il tema non è nuovo e già ai tempi di don Bosco si discuteva su quanto silenzio vi dovesse essere durante gli Esercizi Spirituali. A tal proposito è illuminante un fatto raccontato da don Ceria: Si crede che i salesiani siano per definizione chiassosi. È una esagerazione. Ci fu un tempo in cui in Congregazione si discusse se abolire la ricreazione moderata del pomeriggio e della sera degli Esercizi Spirituali e farli in perfetto silenzio. Il Consiglio Superiore ne discusse presente don Bosco. Si venne ai voti: sei votarono in favore delle due ricreazioni moderate, uno solo in favore del silenzio rigoroso. Si credette che il voto a favore del silenzio assoluto fosse stato dato da don Rua. Ho trovato in archivio una nota di don Cartier nella quale si legge: “Don Rua mi ha detto che il voto a favore del silenzio completo negli Esercizi è stato dato da don Bosco”.2 Se così è, credo che la scelta di custodire maggiormente il silenzio durante gli Esercizi Spirituali faccia molto piacere a don Bosco.
Vivendo il Capitolo Ispettoriale VII ho avuto l’impressione che in Ispettoria, prima di riforme strutturali, abbiamo bisogno di una decisa riforma spirituale personale e comunitaria. Restituire al silenzio il suo posto e la sua dignità credo ci possa aiutare in questo doveroso cammino. Il silenzio nutre. Il silenzio è il grembo che permette di sedimentare quanto viviamo, di prendere le giuste distanze, di lasciar decantare gli inciampi della vita e quelle parole che rotolano con violenza fino in fondo al cuore. Il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l’ascolto di Dio, la meditazione.3 Nel silenzio indovino Dio. Il silenzio è un luogo, una condizione, una luce, una feritoia che lascia origliare le parole e la Parola. Il silenzio è lode (Sal 65,2) ed è bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore (Lam 3,26). Desiderare il silenzio salva, sminuirlo significa svendersi ai facili e banali frastuoni mondani. È nel silenzio che le parole diventano nude ed è nel silenzio che custodiscono quella verginità che i rumori della vita infrangono. Le parole vere si forgiano nel silenzio. Solo nel silenzio il volto è voce della creatura, il reale svela la sua anima, un problema diventa un’occasione, un pensiero tossico viene depurato. Solo nel silenzio intuisco che se si perde l’amore si perde anche l’intelligenza. Solo abitando il silenzio scopro che il cortile è la seconda cappella della casa salesiana. È necessario desiderare i silenzi per custodirne tutta la vita che li abita e per fare l’esperienza che solo nel silenzio io pervengo davanti a Dio.
La contemplazione, capace di scavare e di scavarci, si radica nel silenzio. L’ho capito dagli sguardi di mia mamma. Sul suo volto molte volte contemplazione e silenzio sono diventati emozione, trasporto, scavo, capacità di cogliere e accogliere il peso della storia di una persona. Nel suo silenzio intuisce le parole non dette. E così ho imparato che il nostro silenzio fa da cassa armonica di quanto l’altro ha in cuore. Ricordo ancora oggi lo sguardo di quando partii da casa. Poche parole. Tanto silenzio. Un silenzio pieno. Un silenzio che era ascolto di una vita.
Il primo passo per ascoltare è tacere perché solo dal silenzio può nascere il vero ascolto.4 Vanno taciute le parole così come i giudizi, i gesti così come gli sguardi che creano distanza, i pensieri che portano altrove così come gli istinti di cui poi pentirci. Vanno eliminate quelle impurità che lo trasformano in mutismo. Il silenzio non deve essere solo esteriore. [...] Vero silenzio significa anche calma del pensiero, del sentimento, del cuore.5 È liberare le nostre menti da pregiudizi e stereotipi che inducono all’obesità mentale. Quando pensiamo di sapere già chi è l’altro e che cosa vuole, impediamo al silenzio di farsi ascolto. La natura è muta per chi parla sempre […] e solo chi sa tacere coglie Dio. [...] Proprio dal silenzio nasce la parola. [...] Solo nel silenzio avvertiamo il palpito della vita. [...] Solo chi sa tacere, sa parlare.6 Si tratta, allora, di silenziare l’io. San Giuseppe ci aiuti. Di lui non ci è stata tramandata parola alcuna, bensì la sua capacità di ascoltare e agire. Comprendo sempre di più che proprio il suo silenzio ci parla.7
Un’ultima cosa. Scrivendo queste righe mi sono imbattuto in alcune prescrizioni dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dal titolo Il silenzio in chiesa e in sagrestia prima e dopo la celebrazione. È affiorato nella mia memoria il ricordo del sacrestano del mio paese, il signor Vico, che, a noi chierichetti piuttosto indisciplinati, chiedeva il silenzio in sacrestia. Chi non lo faceva riceveva un affettuoso ma deciso colpo in testa, dato con le nocche della mano, che accompagnava la successiva Eucarestia almeno fino all’Agnus Dei. A suo modo ci ricordava che il silenzio è il primo presupposto di ogni azione sacra.8 Forse dovremmo aver cura dei momenti semplici, come quello in cui inizia una celebrazione, per custodire il silenzio. Come ricordava il cardinale Ratzinger, predicando gli Esercizi Spirituali a Giovanni Paolo II, tutte le cose grandi iniziano nel deserto, nel silenzio, nella povertà.9 Come Gesù, come don Bosco, come i santi saliamo anche noi sulla cattedra del silenzio.
Don Igino Biffi
1 Benedetto XVI, Udienza Generale, 7 marzo 2012.
2 Pietro Brocardo, Don Bosco profondamente uomo profondamente santo, LAS 2001, p.228.
3 Benedetto XVI, Udienza Generale, 10 agosto 2011.
4 Romano Guardini, Il testamento di Gesù, Vita e Pensiero 20186, p.39. Sul tema del silenzio interessanti le pag.31-39.
5 Romano Guardini, Il testamento di Gesù, Vita e Pensiero 20186, p.31.
6 Romano Guardini, Lettere sull’autoformazione, Morcelliana 20087, pp.132-133.
7 Benedetto XVI, Che cos’è il cristianesimo. Quasi un testamento spirituale, Mondadori 2023, p.5.
8 Romano Guardini, Il testamento di Gesù, Vita e Pensiero 20186, p.33.
9 Joseph Ratzinger, Il cammino pasquale, Àncora 2006, p.10.